La descrizione del col. Bellini:
Mi è stato chiesto di scrivere un’introduzione ad un articolo che mi riguarda e che fa parte un po’ della mia vita ossia la guerra del Golfo del 91 che mio malgrado ci ha visti (a me ed al Cap Cocciolone) protagonisti.
Ho chiesto all’autore dell’articolo su cosa doveva essere incentrata la mia introduzione e mi è stato detto di parlare delle ultime fasi di quel volo del 18 gennaio che si sono concluse con il lancio in pieno deserto e della sensazione che prova un pilota nel momento del lancio. Vi racconterò perciò quelle ultime concitate fasi anche se, del momento effettivo del lancio, io non ho nessun ricordo ma ho solo quella testimonianza data dall’ascolto della scatola nera del mio Tornado.
Dopo aver effettuato il rifornimento in volo ed aver scoperto che il mio “leader”, per una rottura meccanica, stava rientrando alla base, senza aspettare che il velivolo del mio leader lasciasse la formazione, spensi tutte le luci esterne e diressi il velivolo verso nord, verso il punto della navigazione prima dell’attacco. Appruai verso il nero più nero confidando ciecamente negli strumenti. Il “coccio” mi batteva la quota per ricordarmi che alla fine di quel nero c’era la superficie dell’acqua del mare arabico. Livellammo a 250 piedi dal livello dell’acqua e procedemmo ai controlli da effettuare prima dell’attacco. Staccammo la radio di emergenza dal seggiolino (consente di individuare l’equipaggio lanciatosi con il paracadute attraverso un segnale radio di emergenza. Se il lancio avviene in territorio nemico essere individuati non è la cosa migliore.) ed effettuammo i controlli
del TF (Terrain Following - apparato che consente di volare seguendo l’orografia del terreno in modo automatico ed in ogni condizione metereologica).
Ci dirigemmo velocemente verso Kuwait City e cominciai a vedere i contorni della costa e l’illuminazione a giorno della città. Dissi all’interfono che mi aspettavo Kuwait City oscurata rallegrandomi che invece non lo fosse.
Entrati su terra iniziammo l’avvicinamento al nostro obiettivo assumendo la configurazione tattica prevista. Incrementammo la velocità e scendemmo, usando la strumentazione di bordo, ulteriormente di quota.
La CONTRAEREA era molto attiva e ricordo di aver effettuato una chiamata al COORDINATORE TATTICO
della MISSIONE a bordo di un AWACS
con il nominativo POMKA, dicendogli che LEAGION 14
(nominativo radio del numero 4 la formazione di velivoli di quella notte) proseguiva per la missione. In risposta ricevetti un “ROGER”.
Alle 04.30 ho sganciato come previsto il carico bellico, composto da 5 MK 83 ritardate con il Sistema MATRA, sull’obiettivo, e 40 secondi dopo sono stato colpito violentemente dalla contraerea irachena ai comandi di volo del velivolo costringendomi al lancio.
Tutta questa concitata fase è stata ricavata dal crash recorder del Tornado abbattuto in quanto di quei momenti non mi rimangono se non vaghi ricordi, una cosa però è certa e cioè che aver dato l’ordine di eiezione deve essermi costato moltissimo. Ogni pilota durante la missione, fa del suo velivolo il rifugio più sicuro e confortevole del mondo. Lasciarlo non può che costare tantissimo dal punto di vista psicologico ed è per questo che il lancio in genere si effettua quando tutte le altre opzioni vengono meno.
Il punto di impatto del velivolo e quindi presumibilmente anche il punto di atterraggio dei due paracadute, era a circa 20 Km Nord—Ovest di Kuwait City. Il luogo era alla periferia del complesso di Caserme Irachene che costituiva l’altro Target.
La cattura da parte delle Truppe Irachene è stata immediata, data la vicinanza dell’impatto dalle installazioni logistiche.
Appena presi io ed il Navigatore Cap. Maurizio COCCIOLONE siamo stati divisi e tenuti in luoghi separati. Io sono stato tenuto nella postazione di comando di una Batteria ZSU 234 che il nostro velivolo al momento dell’impatto aveva distrutto.
Lì sono stato spogliato di tutto e sono stato vestito con biancheria di fabbricazione ungherese e con la nota tuta gialla dei prigionieri di guerra
La Tuta da Volo, Pistola Beretta CAL.9, due Caricatori, Scarponi, Tuta Anti—G, Casco, Cosciale, Pugnale, Orologio e biancheria intima mi sono stati confiscati.
Dal lancio fino al momento della liberazione non ho più incontrato COCCIOLONE di cui conoscevo la sorte.
12/luglio/2004
Col. Gianmarco Bellini