Un giro a Donington con la Desmosedici.....SPETTACOLO!!!

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sensey
00mercoledì 27 agosto 2003 13:48


“Volevo che tu provassi, anche solo per un attimo, com’è veramente.” E’ quanto mi ha detto Randy Mamola dopo avermi fatto fare il giro della vita sul sellino della Ducati V4 GP.

di Richard Fairbairn - Motorcycle News.

Randy Mamola ride. “Ho staccato ancora più violentemente in quel punto perché volevo che tu provassi, anche solo per un attimo, com’è veramente staccare alle Esse durante una gara.” Improvvisamente, tutto ciò che pensavo di sapere risulta sbagliato. Pare che 17 anni in sella a una moto non siano serviti affatto. Mi sento come se tutti gli anni in cui ho seguito professionalmente le gare non mi abbiano insegnato nulla. Nulla, ovviamente, rispetto a questo.

La rivelazione è scioccante, e mi colpisce nello spazio dei 219 secondi e cinque miglia della pista di Donington Park. Mamola ha smontato tutte le mie convinzioni in tema di come si guida una moto. Le traiettorie dovrebbero essere morbide e fluide, giusto? Bisogna staccare mentre si sta diritti, vero? E spalancare il gas basta a fare andare veloce una moto, non è così? Sbagliato, sbagliato, e ancora sbagliato. Un giro sul sellino della Ducati V4 ha cambiato le cose per me, per sempre.

Un passaggio sulla moto da GP più veloce e più potente della storia era un’occasione troppo ghiotta per tirarsi indietro. Sapevo che sarebbe stato eccitante, esaltante, terrificante: tutte le emozioni solitamente associate alla guida di una moto veloce, ma amplificate. Non pensavo però che sarebbe stata un’esperienza in grado di cambiarmi la vita.

Immaginate di trovarvi in una stanza piena di tutte le verità che avreste sempre desiderato conoscere, sentendovi però così sconvolti dai contenuti di tali verità da desiderare quasi di non aver mai aperto quella porta. E’ così che mi sento ora. Il mio piccolo mondo tranquillo non sarà mai più lo stesso.



Non mi dilungherò sulla moto, sul mio nervosismo, sulla visita medica alla quale ho dovuto sottopormi, ne’ su quanto sia scomodo il sellino posteriore. Invece, cercherò di mettervi a parte della dura verità, della sconcertante realtà della MotoGP.

Il giro in se’ stesso è stato brutale. Non ho alcun dubbio sulla grande raffinatezza delle capacità di guida di Mamola e sul suo fenomenale controllo del gas, ma l’immagine che se ne ha dal sellino del passeggero è molto diversa: la tecnica adottata da Mamola per affrontare il tracciato si può descrivere dicendo che più che guidare, lui punta la moto. Le curve non sono un succedersi di traiettorie fluide, sono semplicemente zone d’asfalto alle quali puntare per creare le migliori opportunità di accelerazione e staccata al massimo. WAAAAHH! Freno. WAAAAHH! Freno. WAAAAHH! Freno.

Scendendo in picchiata dalle tortuose pareti delle Craner Curves, i cordoli che segnano la corda interna delle curve non ci vengono incontro: ci vengono sparati contro, come palle servite da Rusedski. Mamola supera le ondulazioni dell’asfalto a 140 miglia all’ora mentre i giri del motore salgono, scendono e poi tornano a salire. Rimbalziamo da un lato all’altro della pista e da una piega estrema all’altra, in un turbine di sforzo, gravità e momento. L’effetto di schiacciamento nella discesa ai piedi dell’Old Hairpin mi comprime il petto.

I dolci curvoni che mi aspettavo alla Redgate, all’Old Hairpin, alla Schwantz o al Melbourne Loop non sono mai arrivati. La moto entra invece violentemente in curva già in piega, staccando ancora al limite quando siamo incredibilmente vicini alla piega estrema, e oltrepassando di molto le corde che conosco tanto bene dopo i giorni passati a girare su questa pista con le moto da strada.. Mi ritrovo a guardare i punti di corda ormai lontani pensando, “non dovremmo aver già aperto il gas?”, mentre la moto scoppietta, esplode, perde colpi sotto di noi a gas chiuso, prima che Mamola la riporti finalmente in verticale per proiettarla fuori dalla curva, con l’anteriore sempre sollevato da terra, e ULULANDO letteralmente.

La cosa più spaventosa per un normale motociclista è la fiducia, onestamente impressionate, che Mamola sembra riporre nella gomma slick anteriore. Mi aspettavo che staccasse violentemente con la moto diritta, che mollasse il freno mentre raggiungevamo la piega massima, e che completasse poi la curva senza più toccare il gas. Invece, non ha mai toccato i freni quando io avrei cominciato a frenare, per poi esibirsi in una staccata FENOMENALE con la moto in verticale, che è praticamente proseguita senza alcuna variazione quando la moto è scesa bruscamente in piega. La potenza frenante delle slick e dei freni al carbonio in piega massima è stata tale, per la prima volta nella mia esperienza motociclistica, da disarcionarmi quasi buttandomi a terra oltre la moto.

Il momento della verità arriva in avvicinamento alla McLeans. Il veloce curvone a sinistra che si restringe a sinistra immediatamente prima della curva a destra che immette nella McLeans vera e propria richiede un angolo di inclinazione sempre maggiore proprio mentre la frenata deve raggiungere la massima potenza. Alle scuole di guida si insegna ai motociclisti ad allagare proprio sotto il ponte Schwantz, portandosi al margine della pista, in modo da affrontare l’ultima semicurva a sinistra come se fosse un rettilineo, e ritrovarsi così a frenare con la moto in verticale prima della McLeans.

Sulla Desmosedici, la moto stringe molto di più a sinistra alla Schwantz, così, per affrontare l’ultima parte di curva stretta prima della McLeans, Mamola deve stare quasi in piega massima a sinistra, e frenare tanto forte quanto si farebbe, diciamo, su una R1 in verticale e sull’asciutto: lo sforzo per evitare di crollare in avanti mi fa rantolare.



Ad ogni uscita di curva, il manubrio gli trema in mano mentre l’anteriore si solleva (il primo passaggio sulla linea del traguardo è stato, dall’inizio alla fine, sulla sola ruota posteriore), mentre il motore canta e poi urla mentre lui dosa il gas per adattarlo all’aderenza disponibile sul pneumatico posteriore. Nonostante i 90 kg di “zavorra” sul sellino, mi assicura che può derapare quando vuole, e le grosse strisce nere che ha lasciato sull’asfalto alla Coppice nei giri precedenti ne sono testimonianza. Vorrei solo che non avesse staccato le mani dal manubrio per indicarmele con orgoglio …

Certo, la potenza è impressionante, davvero da staccarti le braccia, ma quello che impressiona di più è la sua natura apparentemente senza limiti. Poiché Mamola usa meno di metà gas alle marce basse, riesce a usarne di più alle marce alte, senza perdere nemmeno un po’ accelerazione: a oltre 150 miglia all’ora (e cercando simultaneamente di impennare!) sotto il ponte Dunlop, sarebbe lecito aspettarsi una certa riduzione della spinta. Ma si dice che perfino la biposto usata per le dimostrazioni arrivi a 240bhp, e comunque, il tiro della Desmosedici resta assolutamente invariato rispetto alle marce basse. Sulle moto da strada, è il vento che cerca di strapparti di sella a queste velocità; sulla Ducati, è ancora l’accelerazione pura.

Le Esse di Donington: nessun altro punto in nessun’altra pista è in grado di dare a un passeggero un’idea altrettanto realististica delle forze contrastanti durante la guida di una moto da GP. Qui si passa dalla massima velocità alla massima staccata, giro dopo giro. Ripensare a questo tratto di pista mi mette ancora paura.

Al nostro primo passaggio alle Esse, mi sfugge un grugnito per lo sforzo di non franare addosso a Mamola mentre oltrepassa di molto le 100 miglia orarie in due o tre secondi. Le due maniglie ricavate nel serbatoio della Ducati mi permettono di tenermi stretto resistendo alla forza di frenata. Ce la faccio, anche se con grande difficoltà, al primo passaggio. Ma questo è solamente il giro di “riscaldamento”.

Al secondo passaggio alle Esse, mentre sono già al limite della resistenza visto che il mio pilota ha enormemente aumentato il ritmo, Mamola frena violentemente, e anche se sono preparato, e ho chiamato a raccolta tutta la mia energia per impedirlo, sento il mio corpo che si proietta in avanti tentando di far perno sulle mani. Comincio a schiacciarmi contro Mamola, ora scivolo in avanti... sto per essere sbalzato di sella, oltre la moto. “E’ finita!” penso, proprio quando Mamola finalmente molla i freni. Scivolo di nuovo indietro sul mio sellino, all’uscita delle Esse, e ripartiamo. L’anello chiamato Loop offre un’altra esperienza analoga: si tratta di una curva a forma di punta di freccia che Mamola affronta in staccata fino alla corda. Goddards... e poi ci fermiamo, naturalmente con un bello “stoppie” che fa sollevare la ruota dietro.

Il mio primo pensiero è stato che volevo vomitare, e poi che volevo scendere dalla moto. La mia mente è ancora un turbine, una nebbia in movimento. Vorrei dire qualcosa di intelligente, qualcosa di arguto, espressivo, memorabile, addirittura caustico. Ho appena vissuto una delle esperienze più incredibili che avrei potuto immaginare. E invece, tutto ciò che riesco ad articolare è “Oddio!”.

Mi scuso per essere quasi sceso dalla moto in entrata alle Esse. In fondo, avrei tanto voluto fare bella figura come passeggero. Mamola è molto comprensivo. E’ proprio all’entrata delle Esse che aveva voluto darmi un assaggio di che cosa è possibile fare con una MotoGP.

“Riesci ad immaginare rifarlo per 25 giri con altri 10 piloti che cercano di sfruttare la tua traiettoria?” mi chiede. No, Randy… non ci riesco.

Per la cronaca, abbiamo girato, da Goddards a Goddards, in 1:42, appena 10 secondi più lenti di una monoposto, più o meno un normale tempo da bagnato. Mamola sarebbe andato molto più veloce senza avermi a bordo. Bastava poco, e avrebbe potuto dimostrarlo!



La Conversione in Biposto
Come si trasforma una moto da MotoGP in una biposto? La risposta è: con grande facilità. Innanzitutto, la moto non è una versione replica pesantemente depotenziata: sarebbe semplicissimo rimetterla a posto e usarla in gara nella configurazione in cui si trova. Quindi, da questo punto di vista, c’è poco da modificare.

Però non bastano un po’ di imbottiture, un paio di pedane di maniglie per girare in due in tutta sicurezza. Il telaietto reggisella deve essere pesantemente modificato e rinforzato rispetto alla versione destinata a sostenere il minuscolo Capirossi e lo scattante Bayliss, e nessun altro. I rinforzi e le tubazioni irrobustite del telaietto rappresentano la maggior parte dei 10 kg che Ducati dichiara in più per questa moto rispetto alla versione da gara standard da 145kg.

Anche le maniglie per il passeggero, inserite nelle cavità a forma di conchiglia ricavate nel serbatoio, sono accessori di importanza fondamentale. Senza di esse, le braccia di Mamola dovrebbero sostenere tutto il peso del passeggero quando questo scivola in avanti in frenata. Non sono state apportate altre importanti modifiche. La molla della sospensione posteriore è molto più rigida (il 50% in più rispetto alla versione standard), mentre il freno idraulico della forcella e dell'ammortizzatore posteriore è stato incrementato per limitare il trasferimento di carico in frenata e in accelerazione.

I freni sono all’altezza, senza problemi: si tratta degli elementi da 305mm, la misura di mezzo delle tre disponibili per i freni standard da competizione.

Mamola non ha voluto dirmi a quanti giri ha portato la moto, ma si dice che superi i 16.000 g/m, mentre gli addetti alla squadra corse mi dicono che le monoposto da competizione arrivano a 18.000 g/m.



L’elenco di coloro che sono saliti come passeggeri sulla V4 comprende pop star, modelle, campioni di tennis e anche… il boss della Ducati. Ma, grazie a Riders for Health, anche i semplici appassionati hanno avuto la loro occasione, il giovedì del Gran Premio, offrendo un contributo per l’iniziativa di beneficenza.

Gary O’Neil di Inverness, che guida una Honda VFR800, aveva già provato in un’occasione analoga il brivido di un giro sul sellino di una Yamaha YZR500 due tempi. Ha detto: “Credevo che la YZR fosse impressionante, ma la Ducati la fa sembrare un trattore. Senza offesa per Yamaha, ma la differenza è quella.”

C’è anche Fran Heppelwhite, una nonna sessantunenne: il giro sulla biposto è stato il regalo di suo figlio per la festa della mamma. Ha commentato: “E’ stato fantastico! La moto è dolce in certe curve ma incredibilmente veloce. E rumorosa!” Allison Llewellyn guida una Suzuki RGV250 ed era un’accanita sostenitrice delle due tempi, prima del giro con Mamola… Il dirigente d’azienda australiano Neil Archer, che ha comprato la Ducati 998RS U.S. Superbike di Doug Chandler per girare in pista, è rimasto altrettanto colpito. Kevin Stansfield, commercialista di Southampton, guida una Ducati 916SP. E’ riuscito a dire solo “Sono sbalordito,” dopo il giro.

L’esperienza più toccante è stata quella di Gary Cowan. L’ex pilota della classe 250 GP era stato indicato come futuro campione del mondo prima dell’incidente di oltre dieci anni fa che lo lasciò paralizzato. Da 13 anni non saliva su una moto, ed è stato il primo passeggero disabile sulla biposto. Il campione irlandese ha dichiarato: “Ti fa capire quanti progressi abbia fatto la tecnologia dei pneumatici da quando correvo io, quanto riescano a spingere ora sull’anteriore. Anche se non eravamo al limite, ho pensato “Ma quanta aderenza ha all’anteriore questa moto?!"




One Geo
00mercoledì 27 agosto 2003 15:29
Bella 66
Senza parole .....[SM=x127640]

Geo & the beast (senza abbaio) [SM=x127719] [SM=x127687]
Clooney
00mercoledì 27 agosto 2003 17:35
Spettacolo! [SM=x127703]
L'unica occasione in cui farei volentieri da passeggero. [SM=x127661]
One Geo
00mercoledì 27 agosto 2003 19:11
Sì....con il,vasino dentro la tuta
E prima mi dopo per bene [SM=x127664] [SM=x127650]

Geo & Lothar (in sidecar) [SM=x127693] [SM=x127676]
.bruso.
00martedì 9 settembre 2003 01:32
senza parole
baba1973
00martedì 9 settembre 2003 02:18
[SM=x127719] sti kazzi!!![SM=x127703]
sensey
00martedì 9 settembre 2003 13:35
Io non so se ne uscirei indenne da un giro del genere....[SM=x127685]
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